Sulle tracce della Modena romana, medievale ed estense

  • testi di Mara Marchesini
  • Elaborazione mappe di Sonia Corradi e Alberto Turci
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Benvenuti alla passeggiata attraverso i secoli che faremo percorrendo le strade di Modena.

La nostra città, che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, ha un passato ricco di storia, ripercorriamolo insieme attraverso varie tappe per scoprire o riscoprire luoghi e simboli che testimoniano il suo passato.

Filo conduttore sarà il rapporto strettissimo del nostro territorio con l’acqua; non solo perché lo delimitano molti fiumi, Secchia, Panaro, Po, ma perché il sottosuolo è sempre stato ricco di sorgenti, tanto che nel nostro stemma compaiono le trivelle, antichi strumenti per la perforazione dei pozzi.

Fin dai tempi della sua fondazione il tessuto urbano era solcato dai canali, oggi non li vediamo più ma ne tramanda la memoria la denominazione di molte strade , come ad esempio via Canalino, via Canalchiaro , corso Canalgrande, via Fonteraso, via Fonte d’Abisso ecc.

PRIMA TAPPA

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La prima tappa ci conduce alla fondazione della città da parte dei Romani, che chiamarono “Mutina”; pochi anni dopo la costruzione della strada consolare Emilia, nel 183 a.c. venne fondata Mutina, un quadrilatero circondato da mura , situato più a est della città medioevale, che aveva come decumano la via Emilia , strade perpendicolari e i tipici elementi delle città romane: il Foro, tra rua Pioppa e Corso Adriano, il tempio del Capitolium, dedicato agli dei capitolini, nella zona della chiesa di S. Biagio, le terme, situate dove sorge oggi il palazzo della Provincia e un grande anfiteatro, che si può intuire dall’andamento curvilineo dei palazzi su via Canalino e via Mondatora , che seguono l’andamento dell’ellisse dell’anfiteatro.

Sull’asse della via Emilia, sia verso est che verso ovest , avevano luogo le sepolture , testimoniate da numerosi ritrovamenti di steli funerarie , alcune conservate nel nostro Museo Lapidario.

Agli albori del Cristianesimo un vescovo di nome Geminiano, al quale furono riconosciuti molti miracoli quando ancora era in vita, morì il 31 gennaio 397 d.c. e come era consuetudine, venne seppellito fuori le mura di Mutina, con tutti gli onori, nell’area occupata attualmente da piazza Grande.

La città era fiorente, visitandola Cicerone la definì “Mutina splendidissima”, ma con il declino dell’Impero Romano, l’infuriare delle guerre e soprattutto le continue alluvioni, dovute sia all’avvallamento in cui sorgeva , che ai canali che scorrevano in prossimità della città , gli abitanti decisero di abbandonare Mutina e rifondare una nuova città in una zona meno soggetta alle alluvioni, ad ovest , dando origine alla “Città Nova” come ancora ci ricorda il nome della località di Cittanova.

 

SECONDA TAPPA

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La seconda tappa ci porta in piazza Grande , che dal 1997 è stata dichiarata con il suo complesso monumentale “Patrimonio dell’Unesco”.

La tomba del santo Geminiano ha rappresentato il fulcro attorno al quale, per volere del successore di Geminiano, il vescovo Leodoino, Modena è stata rifondata nell’area che occupa ancora oggi; il nucleo più antico era quasi coincidente con il sito Unesco, un quadrilatero molto piccolo , racchiuso da mura , che aveva al centro la tomba di Geminiano; si pensò di costruire una chiesa per ospitare le spoglie del santo, ma ben presto non fu più sufficiente per i continui pellegrinaggi; nonostante la morte del vescovo Leodoino, in assenza di un vescovo , la popolazione , da sempre devota al santo, decide di dare corso alla costruzione di una imponente cattedrale, chiamando artisti valenti dell’epoca, l’architetto Lanfranco e lo scultore Wiligelmo con i maestri Campionesi e il 9 giugno 1099 viene posta la prima pietra ; la consacrazione , nel 1106, avviene in occasione della traslazione delle spoglie del santo nella cripta, dove si trovano tuttora, alla presenza del papa Pasquale II e della contessa Matilde di Canossa. Viene avviata anche la costruzione della torre campanaria, che si ferma alla sezione quadrata e viene chiamata torre Geminiana; in epoca gotica verrà completata con la parte ottagonale e la cuspide che le fanno raggiungere l’altezza di 89 metri e verrà chiamata Ghirlandina per il coronamento “a ghirlanda” della parte gotica.

La nostra cattedrale è un esempio di stile romanico che ha pochi eguali in Italia, ma non è l’unico primato che può vantare; infatti è una delle prime chiese che ha dedicato lapidi commemorative agli artefici e non ai committenti; ha una grande attenzione al valore del lavoro, che si esprime nella decorazione della porta dei Principi dove è scolpito un maniscalco intento a battere il ferro , nella porta della Pescheria dove nelle formelle dei mesi sono rappresentati i lavori tipici dei campi allo scorrere delle stagioni, alla rappresentazione del lavoro delle donne nel bassorilievo della facciata che ritrae Eva, dopo la cacciata dal Paradiso Terrestre, che lavora la terra al pari di Adamo,raffigurazione inusuale in quanto Eva è spesso ritratta nell’atto di filare o accudire i figli.

Inoltre tutti gli elementi decorativi sono stati scelti con cura per il loro molteplice valore simbolico pagano e cristiano, per attrarre e affascinare una popolazione analfabeta , non in grado di leggere le Scritture ma che veniva colpita e coinvolta da questi simbolismi .

Circa un secolo dopo, nel 1200, la città, che nel frattempo si era ingrandita, era circondata da mura, nelle quali si aprivano numerose porte; attorno ad ogni porta si estendeva un’area della città che era definita “cinquantina”; ogni cinquantina eleggeva un rappresentante e la loro assemblea aveva potere decisionale per tutta la città; si pensò di costruire un edificio per ospitare le riunioni e venne costruito il palazzo Comunale; il palazzo che vediamo oggi è frutto di lavori e modifiche che hanno attraversato molti secoli; vi si esercitava anche il potere giudiziario; infatti qui aveva sede il tribunale e c’erano le prigioni per i condannati, che si possono vedere anche adesso la secondo piano del palazzo; dei condannati a morte si occupava la Confraternita di S. Giovanni della Buona Morte; molte erano le Confraternite presenti nei conventi che sorgevano lungo le mura cittadine, in prossimità delle porte; si occupavano della accoglienza , ospitalità e cura , grazie alle conoscenze delle erbe officinali, dei pellegrini che arrivavano in città; sono stati i precursori dei moderni ospedali; la Confraternita di S. Giovanni della Buona Morte, invece, cercava di far pentire i condannati, li accompagnava al patibolo , ne seppelliva il corpo e bruciava, per estinguere il peccato, tutto ciò che era entrato in contatto con il condannato.

Non tutti i reati erano condannati così duramente; i debitori insolventi erano condannati a correre per la piazza senza pantaloni e nei casi più gravi , a sedersi, sempre senza pantaloni, sulla Preda Ringadora precedentemente cosparsa di trementina, tra lo scherno della folla!

Sulla piazza aveva luogo il mercato, come ci ricorda la denominazione della porta nord del Duomo, la porta della Pescheria, o la piazzetta delle Ova, dove si svolgeva il mercato del pollame; nella sala cosiddetta “del Fuoco”, al primo piano del palazzo, nel grande camino d’inverno veniva acceso un fuoco; i venditori del mercato potevano andarvi a prendere delle braci per riscaldarsi nelle lunghe e fredde giornate invernali.

Al centro della piazza sorgeva un piedistallo dove era collocata la statuetta della Bonissima; sul basamento erano incise le misure di riferimento , il coppo , la pertica ecc; in una società di analfabeti questo serviva per evitare che i commercianti frodassero i clienti; questo piedistallo era detto della “Bona Extima”; pare che per deformazione , la Bona Extima sia diventata “Bonissima”, dando il nome alla statuetta, che molti ritenevano il ritratto di una nobildonna generosa nei confronti dei bisognosi, per questo definita “Bonissima”; qualcuno addirittura vi ha ravvisato il ritratto di Matilde di Canossa.

 

TERZA TAPPA

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La terza tappa ci porta attraverso la parte del centro storico che ha più conservato l’impronta medioevale; siamo intorno al 1200, la città, grazie alla presenza degli innumerevoli canali , si popola di botteghe artigiane che sfruttano la presenza dei canali per il carico e scarico delle merci trasportate con le barche, per , grazie all’acqua , macchine tramite pale , ingranaggi ecc, per domare eventuali incendi , per i lavaggi necessari ai processi di lavorazione per le stoffe, per la carta , la conciatura delle pelli ecc.

Prendono vita le Corporazioni, organizzazioni tra pari che decidono di riunirsi in associazioni e dotarsi di uno statuto che regolamenti il loro operato; lo statuto più antico d’Europa è conservato all’Archivio Comunale di Modena, porta la data del 1244 e riguarda la corporazione dei Ferrari, coloro che lavoravano il ferro; tanti sono gli aspetti che venivano regolamentati negli statuti delle Corporazioni: chi aderiva alla Corporazione versava una quota , creando un fondo dal quale, in caso di grave infortunio o morte sul lavoro di un aderente, veniva versata una parte alla famiglia; ogni aderente depositava, oltre al proprio nome e ubicazione della bottega, un marchio che andava apposto ad ogni oggetto prodotto, con la duplice funzione di riconoscimento dell’oggetto in caso di contestazione in merito alla sua bontà e di pubblicità positiva per le qualità dell’oggetto prodotto.

Tra via Carteria e S. Eufemia riconosciamo ancora un modello edilizio che Modena aveva importato da Venezia; al posto della strada dobbiamo immaginare un canale, solcato da barche che caricavano e scaricavano merci e materie prime protetti dal portico; sotto il portico si aprivano le porte delle botteghe artigiane, al primo piano c’era l’abitazione della famiglia dell’artigiano e all’ultimo piano, nel sottotetto , c’era l’alloggio della servitù e degli apprendisti.

Per essere ammesso all’apprendistato un ragazzo doveva seguire un corso per imparare a scrivere, leggere e far di conto; certamente un bel passo avanti in una società in cui regnava l’analfabetismo; poi iniziava l’apprendistato vero e proprio , che durava anche anni; se però l’apprendista non era figlio o parente dell’artigiano, non poteva sperare di apprendere i segreti del mestiere o rilevare la bottega artigiana, l’unica possibilità era rappresentata dall’unirsi in matrimonio con le figlia del capo!

Oltre alla già citata corporazione dei Ferrari ,con i loro affini Fabbri, Magnani (battitori di lamiere), Scudari, Trivellari (molti sono rimasti i cognomi di quei primi artigiani, alcuni sono rimasti nei nomi delle strade dove sorgevano le botteghe) , a Modena c’erano molte altre corporazioni importanti: da quella della lana, più tardi soppiantata da quella della seta, dai pellacani (conciatori di pelli ovine per ricavare la pergamena) più tardi soppiantati dai cartai, che fabbricavano la carta dalla riduzione in poltiglia degli stracci, per ottenere fogli più sottili delle pergamene, adatte ai nuovi torni inventati da Gutenberg e la sua invenzione della stampa.

Un’arte molto in voga in quei tempi, oggi completamente dimenticata, era quella dei cartapestai, fiorente anche in virtù delle parate e sfilate di tipo civile e religioso; per adornare il percorso di questi cortei ai quali assisteva una folla festante (anche perchè poteva astenersi dal lavoro!) venivano preparati da questi artigiani degli “apparati effimeri”, oggetti di grandi dimensioni fatti di armature di legno e fil di ferro ricoperti di cartapesta dipinta che rappresentavano archi trionfali, fontane , monumenti celebrativi; grande importanza, poi , in epoca ducale, avranno anche le feste di carnevale; gli artigiani della cartapesta si impegnavano nella costruzione di carri allegorici e di maschere , delle quali abbiamo insegnato l’arte nientemeno che ai veneziani!

Tutte queste corporazioni però volevano primeggiare ed emergere sulle altre; sul finire del 1200 la città era così in preda a lotte interne, tra famiglie rivali, creando veri e propri problemi di ordine pubblico;

il Comune, allo scopo di ristabilire l’ordine in città, decide di chiamare una famiglia da fuori città , quindi al di sopra delle parti in lotta; decide di rivolgersi alla potente famiglia dei marchesi Estensi, che a Ferrara avevano stabilito la loro corte e iniziato la loro ascesa economica e di potere; grazie al desiderio di espansione degli Estensi , l’incarico viene accettato e nel 1289 entra in città il primo marchese , Obizzo d’Este, che si fa costruire un castello con fossato e annessa chiesa di corte (S.Domenico) nell’area tra la chiesa odierna e l’attuale Palazzo Ducale.

 

QUARTA TAPPA

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Eccoci così arrivati alla quarta tappa del nostro tour attraverso i secoli e gli edifici che ancora testimoniano gli avvenimenti del passato. Siamo davanti al Palazzo Ducale per parlare della presenza degli Estensi a Modena, presenza che, pur con alterne vicende , si protrarrà dal 1289 al 1859.

Il tessuto urbano si era consolidato nella sua forma pentagonale, racchiusa da mura , nelle quali si aprivano le porte; la porta Castello era situata proprio nella attuale piazza Roma, nei pressi del Castello fatto erigere per ospitare la famiglia Este ; in questo luogo confluivano i tanti canali che solcavano il centro della città; le acque venivano convogliate in un invaso che alimentava la darsena, situata nell’attuale corso Vittorio Emanuele, un vero e proprio porto fluviale per la città, in prossimità del quale sorgevano locande e alberghi per i commercianti e i facchini addetti allo scarico merci; la darsena era collegata al canale Naviglio, che arrivava al fiume Panaro e di lì al fiume Po, che permetteva così di collegare per via d’acqua Modena con Venezia, Ravenna, Ferrara, Verona, Cremona .

Tanti , dopo Obizzo, sono stati i rappresentanti della famiglia Estense, e sarebbe impossibile ricordarli tutti, ne citiamo i più significativi perchè hanno lasciato un’impronta nella città; Ercole II , che già a Ferrara aveva dato l’impulso per espandere la città verso nord , decide di fare lo stesso anche per Modena, spostando le mura verso nord (fino all’attuale tracciato della ferrovia) e verso ovest fino alla zona di S. Agostino: ha preso il via la cosiddetta “addizione erculea”; dopo la cacciata da Ferrara da parte dello Stato Pontificio che non ammetteva che il potere della famigli d’Este venisse affidato a discendenti di un ramo cadetto , gli Estensi stabiliscono la loro sede principale a Modena; ben presto l’Imperatore concede alla famiglia il titolo ducale, e il primo duca estense di Modena fù Borso, che ci ha lasciato la sua magnifica Bibbia miniata, che conserviamo nella Biblioteca Estense. Ma ben presto il castello con fossato diventa piccolo per ospitare la corte estense; si decide di costruire un nuovo palazzo; il progetto prende definitivo impulso sotto Francesco I; il progetto viene affidato a Bartolomeo Avanzini a metà del 1600; i disegni vengono portati a Roma e sottoposti al giudizio dei due massimi architetti del barocco, Bernini e Borromini, che apportano le loro modifiche ; viene realizzato questo enorme palazzo barocco , splendido per architettura e decorazione interna, che diventa, grazie a mecenatismo e matrimoni combinati con i rampolli delle famiglie europee più in vista, una corte di livello europeo, al pari di Vienna, Versailles o Madrid; celebri sono anche i ritratti che Francesco I si fa eseguire da artisti famosi : Gianlorenzo Bernini scolpisce un suo busto di marmo che conserviamo nella Galleria Estense , come il ritratto ad olio eseguito da Diego Velasquez, il pittore della corte di Spagna.

Napoleone risiedette nel palazzo Ducale ai tempi della Repubblica Cispadana, dove già era funzionante l’Accademia Militare; colpito dalla efficienza ed efficacia della scuola di formazione degli allievi ufficiali esporterà il modello a Parigi per fondarvi l’ Ecole Militare.

Francesco IV, duca che contrastò i moti insurrezionali di Ciro Menotti del 1831, facendo arrestare e giustiziare i congiurati.

Nel 1859 viene cacciato l’ultimo duca, Francesco V, viene eletto governatore Luigi Carlo Farini che porterà la città sotto l’influenza sabauda e poco dopo verrà sancita l’unita d’Italia.

In questo lungo arco di tempo gli Estensi hanno lasciato a Modena un’impronta importante, attraverso le scelte urbanistiche e gli edifici che hanno fatto costruire, a cominciare dal Palazzo Ducale con i Giardini Ducali, le scuderie , l’orto Botanico, il Palazzo Ducale di Sassuolo, la Villa di Pentetorri (distrutta dai bombardamenti del ’44), la via Vandelli per collegare il territorio di Lucca nel quale si erano espansi, l’addizione erculea, la piazza d’armi e la cittadella, il Foro Boario, il Teatro Comunale (oggi Pavarotti-Freni), l’Accademia di Belle Arti, l’Accademia dei Dissonanti,la Biblioteca e la Galleria Estensi, il Complesso del S. Agostino, il Collegio S. Carlo, istituto gestito dai padri gesuiti di S. Carlo per l’istruzione universitaria dei figli delle famiglie nobile e ricche della città , l’Università.

Riferimenti bibliografici:

  • Gianfranco Stella : “MODENA”, edizioni Quaderni Modenesi , anno 198
  • Lezioni tenute da Paolo Golinelli, Olimpia Nuzzi, Silvia PIccinini, Elio Tavilla, Franca Baldelli

Cartografia – le mappe sono desunte da
https://www.comune.modena.it/servizi/catasto-urbanistica-edilizia/piano-urbanistico-generale/elaborati-1/qc-quadro-conoscitivo/sistema-territoriale/allegato-c1_4_5-sistema-storico-archeologico-territoriale